Brunella Marcelli è una docente di Lettere, una scrittrice e una narratrice di cibi e territori. Ha pubblicato tre libri di narrativa e realizzato numerosi reportage giornalistici per Terre d’Italia-Terre d’Europa, portale italo-tedesco della Stampa Esteri, sugli argomenti del Turismo e dell’Enogastronomia, ambito la cui competenza ha approfondito con studi specialistici. Conduce inoltre percorsi di scrittura creativa presso scuole, Associazioni e aziende.
Laureata in Italianistica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha studiato per il biennio successivo nella Scuola di Paleografia e Diplomatica Latina degli Archivi Segreti Vaticani. Ha ricoperto il ruolo di responsabile del Giornale dei Comuni di Ancitel, l’Azienda di Servizi dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) e di responsabile di segreteria della Direzione Generale delle Relazioni Culturali del Ministero degli Affari Esteri.
Da anni si dedica allo studio e alla pratica delle Discipline Spirituali. Ama dipingere, cucinare, vagabondare, degustare la vita con lentezza e ogni sensazione interiore che la ricolleghi alla radice della creazione.
Qualcosa di più personale…
Ciao, sono Brunella: benvenuti nel mio sito, che si propone di riassumere e “mappare” tutte le cose delle quali mi occupo. E proprio nel ricomporre i tasselli del puzzle della mia vita, credo di aver trovato un “filo conduttore” nell’essere una “Creativa”, eclettica, appassionata al processo di creazione.
Adoro osservare la realtà con occhio visionario e sinistro; ingurgito, metabolizzo disordine per ricreare un ordine momentaneo. Riesco a fare il vuoto dentro per comprendere l’Altro. Amo la vita e gli individui che la popolano. E di quella vita amo anche il trash, la spazzatura perché, si sa, “tutto fa brodo” e qualcosa prima o poi potrebbe tornare utile, se giustamente collocato. Tendo a dissipare e, nella creazione di piccoli mondi momentanei, trovo sollievo al senso di colpa per la mia dissipazione che però mi piace molto.
Nello sforzo titanico di lottare contro il nichilismo che mi avvelena le viscere e dopo aver esplorato l’aspetto edonistico, estetico dell’esistenza nelle sue varie sfaccettature, sto tentando di fare il salto alla ricerca dell’Assoluto.
Qualche altra informazione…
La mia prima passione è stata il cuscino. Mi rifugiavo al buio nell’angolo che la porta creava appoggiata al muro e, accarezzandolo mentre poggiavo la lingua sul palato, provavo attimi di pura estasi. Una specie di meditazione ante litteram che mi allontanava dal caos della mia casa sempre affollata. Ho sempre adorato estraniarmi nel mio mondo.
In seguito, fu la pittura a farmi entrare in un nuovo tunnel. Sfogliavo “I Maestri del colore”, come si guarda un fumetto. Compulsivamente. Ricordo ancora il mio primo disegno con due alberi che somigliavano a due coni gelato. Nella mia smania di perfezionismo, ne rimasi disgustata, ma decisa a migliorare. E così feci, copiando e ricopiando grandi opere, fino a trovare il mio tratto.
Altro mio grande interesse, il cibo. Ho iniziato a scrivere di cucina in tempi non sospetti. Recensivo ristoranti per una rivista locale in cambio di un buon piatto. Degustare, ma anche creare la giusta alchimia gastronomica mi ha sempre provocato un piacere mistico.
Avrei voluto scegliere il Liceo Artistico, ma mi lasciai traghettare verso il Classico. Delle Superiori ricordo il senso di “dormienza” e qualche risveglio quando, all’ora di artistica, si proiettavano le diapositive delle grandi opere. In compenso, grande divertimento. In quella classe fummo tutti autodidatti, teste “vuote” prive di credenze, ben adatte a essere riempite in futuro. Il primo shock me lo diede la lettura in solitaria, durante le lezioni sull’Infinito di Leopardi.
All’Università, mi laureai in Italianistica, tesi interpretativa sull’Inferno di Dante. Per i Canti delle Malebolge, immaginai un “Carnevale all’Inferno”. Al professore piacque molto, forse troppo, perché il giorno della Laurea mi disse che la tesi sarebbe rimasta al Dipartimento.
La lettura forsennata aveva ormai preso campo. Leggevo sul bus, sui gradini delle chiese di Roma, ovunque.
La Città Eterna aveva preso piede nel mio cuore. Di notte si prospettavano scenari, stile La Grande Bellezza. Decisa a non lasciarla, tentai il concorso per la Scuola di Paleografia e Diplomatica Latina negli Archivi Segreti Vaticani. Lo vinsi e mi ritrovai in un altro mondo, affascinata dalle antiche scritture. Nel frattempo, un mio caro amico mi aveva segnalata a suo zio che stava mettendo in piedi una Società di servizi per gli Enti Locali. Mi ritrovai a colloquio. Due giorni dopo ero dentro. La mattina ero sui codici antichi, mentre progettavo servizi informativi nel pomeriggio. Dormivo pochissimo. Diventai in breve tempo responsabile della redazione. Curavo, selezionavo i testi, organizzavo il lavoro degli altri, motivandoli a crescere ed esprimere il loro meglio. In verità, crescevamo insieme. È stata questa una grande palestra per le attività future, un imprinting sull’impostazione del lavoro, dove la creatività era al servizio della risoluzione dei problemi.
È stato anche un radicamento a terra in anni in cui a Roma si viveva un’esplosione di vita. Si volava. Avevamo tutto, ma non lo capivamo. Eravamo felici, ma ci permettevamo in sussulti d’incoscienza di essere insoddisfatti, di perdere tempo in interminabili conversazioni notturne finalizzate al nulla. Ma quanto era bello! Quante straordinarie conversazioni, nell’esercizio puro di parola!
Proprio in quel periodo, intrapresi i miei primi esperimenti di scrittura e ripresi a disegnare. Mi sentivo un big bang di creatività. La vincita del concorso per l’insegnamento arrivò come un gancio destro. Dal giorno alla notte mi ritrovai su un treno, pendolare all’alba, diretta verso un paese della Sabina. Il cambio di vita fu terrificante, ma in prospettiva salvifico, riconsegnandomi un senso di utilità che avevo completamente perso. L’insegnamento è, a mio parere, il mestiere più difficile. Si entra in classe come nell’arena. Si impara a comunicare, a intrattenere, a conoscere e motivare gli altri, a gestire il tempo.
Fai clic per scaricare un mio articolo sul processo creativo nel bambinoMa, esausta del pendolarismo, dopo il colloquio, entrai per qualche tempo alla Direzione Generale Relazioni Culturali del Ministero degli Esteri. Dopo un momento di disorientamento per l’estrema parcellizzazione del lavoro, dove la mano destra non sa quello che fa la sinistra, il Consigliere in carica mi collocò nella Segreteria. Lì potei riapplicare le mie doti di organizzazione con un apprendimento in più, tipico di quel Ministero: l’uso della forma, talmente aberrante da sfiorare il formalismo. Sembra cosa da poco ma per me, a tratti ruvida, ha rappresentato un grande momento di progresso.
Ritornai a scuola di corsa, contando i giorni che mancavano come un carcerato. I corridoi grigi della Farnesina non facevano per me. La scuola che mi accolse era all’Esquilino, luogo interculturale per eccellenza. Arrivò il tempo dei progetti. La mia creatività al servizio dell’integrazione.
Fai clic per scaricare un mio articolo sul progetto ManinaltoIntanto, di notte scrivevo e scrivevo. A volte mi svegliavo di soprassalto, attaccando i post-it sul muro per ricordarmi di uno snodo narrativo che mi era venuto in mente di notte, in sogno o nel dormiveglia.
Un terremoto interiore era alle porte. A seguito del quale cambiai tutto: casa, modo di essere, percezioni, fede. Un cedimento. A seguito del quale venne tutto: una nuova casa luminosissima da arredare…
…i miei libri pubblicati, la collaborazione giornalistica con Tid-Press, portale di Turismo della Stampa Esteri con reportage di viaggi ed enogastronomia (materia poi approfondita con studi specialistici) e un interesse smodato per la dimensione spirituale che in breve tempo si tradusse in pratica. Dalla Meditazione Zen, passando per lo Yoga Kundalini fino ad approdare al Qi Gong e al Tai Chi. Apprendimenti, questi, che oggi trasmetto individualmente o in gruppo.
Dopo tanti dibattimenti, è stato come aprire una nuova porta e scoprire che la visione verticale, dentro se stessi, non ha fine. È questo, per me, l’aspetto più meritevole del vivere.