Sull’archeopercorso di Campaegli le rocce hanno forme insolite di menhir naturali, cerchi di pietre, arcaiche sedute. L’eremo di San Benedetto a Vicovaro. Le ville di Nerone e di Traiano.
Vicovaro (Roma) – Il fiume Aniene, arteria turchese, attraversa vallate e altipiani in uno scenario selvaggio che rende questi luoghi tra i più affascinanti del Lazio. Luoghi poco conosciuti, densi di storia e di cultura, . Basta percorrere pochi chilometri da Roma (circa 40 minuti in auto) per fare un viaggio indietro nel tempo.
L’archeopercorso di Campaegli (Comune di Cervara di Roma), all’interno del parco dei Monti Simbruini, è un cammino in mezzo a una natura così potente da diventare percorso intimo, esperienza coinvolgente. Le rocce hanno dimensioni straordinarie: menhir naturali, cerchi di pietre, arcaiche sedute. Questa era la terra dell’antico popolo degli Equi che occupavano una vasta area montana, organizzati in villaggi limitrofi al luogo di culto della Rupe di Feronia (Mora Ferogna), una roccia naturale, e all’Ara Sacra dedicata alla divinità. Tra rocce e panorami mozzafiato, che si aprono su vallate che dilatano lo sguardo, si respira sacralità e misticismo. Quella sacralità che ritroviamo nelle falesie e grotte degli eremiti e dei santi. Cavità naturali, scalinate bianche scavate nella roccia che si affacciano sul fiume Aniene. Un connubio straordinario tra storia e natura offre il sito archeologico sotto il Convento di San Cosimato a Vicovaro, dove si trovano l’Eremo di San Benedetto e gli acquedotti romani. Mentre scendo, il paesaggio si apre come su una terrazza naturale. Sta piovendo. Una velatura bellissima filtra la luce che si espande verso il fiume turchese. L’Aniene appare e scompare alla vista mentre mi inoltro nelle feritoie scavate nella roccia, circondata da un fitto bosco.
Una natura indomita, come quella di San Benedetto che con la sua Regola aprì una nuova via alla civiltà europea, quando furono fondati in tutto il continente centri di ospitalità e di preghiera. Un carattere rigoroso e indomito quello di Benedetto che mal si adattava alle abitudini dei monaci locali che tentarono di avvelenarlo. Proprio a Vicovaro avvenne il miracolo. Il bicchiere colmo di veleno si ruppe dopo la benedizione. Dell’episodio resta testimonianza nell’affresco nella grotta, trasformata in cappella rupestre e dedicata a San Michele Arcangelo. Una visita notturna rende il luogo ancora più magico. Le luci dai cromatismi cangianti valorizzano l’unicità del complesso roccioso, plasmato dall’azione carsica.
Rocce, cunicoli. Sono quelli scavati dai Romani per i loro acquedotti. La Valle è ricca di sorgenti che alimentano da sempre il fiume Aniene, attraverso il quale gli antichi romani captarono enormi quantità d’acqua da convogliare nell’Urbe, grazie alla costruzione di queste opere di straordinaria ingegneria idraulica. Sempre sotto il Convento di Vicovaro è possibile percorrerne un tratto: fare l’esperienza unica di camminare dentro l’acquedotto. L’acqua per i Romani era importante per funzionalità e per estetica. Se le infrastrutture degli acquedotti potenziarono l’importanza strategica della Valle dell’Aniene insieme alle opere di viabilità, la ricchezza di acque della zona fu potente fonte di ispirazione per i Romani nella costruzione delle loro residenze.
Nota è la Villa di Nerone, vicino a Subiaco, divisa dalle due sponde del fiume, in una straordinaria alchimia tra paesaggio naturale e intervento dell’uomo. Merita una visita anche la meno conosciuta Villa di Traiano ad Arcinazzo Romano. L’imperatore scelse questi Altipiani, circondati da un paesaggio montano ricco di fauna, per praticare l’otium e la venatio. Possiamo immaginare questa residenza nella sua struttura originaria come una successione di ninfei, vasche e fontane, oltre ai marmi policromi, gli stucchi e gli affreschi. Al visitatore resta la sorpresa di scoprire questo luogo incantato che parla ancora, pieno di storia, di sapienza, di poesia.
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