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Ci si interroga oggi e da sempre su quel “mistero misterioso” che è il processo creativo. Il bambino,proprio perché temporalmente più vicino alla creazionestessa, è sempre stato il protagonista indiscusso del teatro della fantasia. I suoi occhi vergini di fronte al mondo, la mancanza di sovrastrutture sociali ed ideologiche lo rendevano l’incarnazione stessa della purezza e della libertà creativa.

Ma oggi qualcosa sta cambiando ed i segnali allarmanti di questo stravolgimento, quasi una sorta di rivoluzione copernicana nella vita e nella crescita del bambino, sono già sotto i nostri occhi.

I ritmi accelerati della vita, sotto forma di una vera e propria invasione di tutti gli spazi vitali, ed il mondo delle immagini minacciano non solo la fantasia, ma persino la comunicazione, la capacità di attenzione e concentrazione del bambino stesso.

Tempo e spazio, le chiavi della vita di tutti noi, vengono occupati come case, troppo presto sovraccariche di inutile mobilia e di orpelli. E così ci troviamo a girare in questi luoghi di accumulo, dove non esiste nessuna logica, né di ordine estetico, né pratico. Finisce così che cose di pregio finiscano sotto le inutili e finiscano per perdersi.

Soprattutto i bambini, divenuti nelle famiglie mononucleari vere e proprie appendici al mondo degli adulti, si trovano indifesi a vivere in questa realtà sovraffollata di parole, di carta, di stimoli, di immagini, di nevrosi; spesso senza nessuno che li aiuti a selezionare e a decodificare l’immane quantità di superfluo e di inutile che viene scaricato nelle loro menti.

E ciò che è più grave senza nessuno con cui condividere, perchè le scuole stanno diventando gli unici luoghi di aggregazione reale nelle vite di questi bambini, sempre più soli. La scuola come luogo privilegiato di confronto con gli altri e di condivisione, dove il momento dell’ apprendimento va di pari passo con la rieducazione all’ascolto, alla comunicazione, alla concentrazione.

Non è infatti paradossale dire che in un mondo di immagini globali, è facile perdere l’immagine individuale. Così come il frastuono di voci, rende afasici e poco comunicativi, talvolta anche incapaci di comprendere il reale valore delle parole. L’abbondanza di stimoli può paralizzare la fonte dello stimolo stesso, quando è qualcosa che non si alimenta dall’interno, ma ci coinvolge come spettatori inconsapevoli e passivi.

Noi tutti ci ricordiamo di quanto fosse bello da bambini l’ozio pomeridiano o estivo, quando sdraiati nel letto ci bastava godere della dilatazione del tempo non più compresso dagli impegni o guardare dalla finestra, sognando ad occhi aperti. Ci sarà più tempo per questo? Saranno in grado i bambini di godere ancora del nulla, del vuoto?

Sostare con gli occhi persi nel vuoto, piuttosto che ipnotizzati alla playstation?

I bambini ci hanno sempre insegnato a riscoprire un mondo che avevamo perduto. Erano coloro che riportavano indietro la nostra memoria, verso qualcosa che avevamo dimenticato e che non ritenevamo più possibile: lo stupore e la meraviglia. Erano quelli che riuscivano a spogliarci d’incanto dai nostri ruoli e ci portavano nel loro mondo e noi finivamo per inginocchiarci per bere alla loro fonte. Oggi però questo mondo di purezza e di creatività si comprime sempre di più.

Quanti anni di autonomia il bambino avrà dal mondo degli adulti? Quanto tempo gli rimane, prima che venga inglobato, fagocitato e triturato dall’ottenebramento dei sensi e dalla dittatura delle aspettative parentali?

La creati vità passa, infatti, attraverso il vuoto e si alimenta da questo; quel magico momento in cui un’illuminazione si collega ad un’altra; in cui un oggetto mette in moto dei ricordi o viceversa dei ricordi si fanno oggetto.

La creatività supera il tempo: non più scansione affannosa o sincopata, ma lentezza e dilatazione; momento in cui il passato ed il presente si uniscono per partorire qualcosa che sa già di futuro. Perché il futuro è solo nella memoria.

Della creatività, la tecnologia non può che essere strumento, al servizio della mente. Non può la sovrastruttura, sofisticata o avanzata, sostituire la struttura stessa. Non può la conseguenzialità e la ripetitività avere la meglio sui procedimenti unici e irripetibili delle emozioni e quindi dell’arte. Ed è su questo soltanto che noi adulti dobbiamo lavorare. A rafforzare la struttura della personalità e delle emozioni, prima che la necessità dello sviluppo delle cosidette competenze e professionalità, completino la carneficina della creatività, attraverso il rigido imbrigliamento nei ruoli, vere e proprie camicie di forza della società. Prima che il fare diventi l’essere.

Rafforzare la struttura attraverso la libertà, che non sia solo la trasgressione a regole forzate, ma il piacere del disvelamento di se stessi, di quegli arcani misteri che la mente racchiude come sogni ad occhi aperti. Affinché il bambino sviluppi anche il piacere di stare con se stesso, per prepararsi a compiere il viaggio più avventuroso che si è mai capaci di compiere: quello dentro la propria coscienza.

Abituarlo al vuoto che già c’è intorno a lui, affinché sappia anche far ordine nei momenti di crisi che avrà nella vita, capace di trovare atttaverso il processo creativo, immediate soluzioni e sviluppi inattesi.

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